Diario di una tata di Shari Springer Berman e Robert Pulcini
Annie (Scarlett Johansson), non ricca di famiglia, dopo il diploma (o la laurea in antropologia? Adesso non ricordo) cerca lavoro in giro per New York, ai colloqui fa scena muta ma il destino è in agguato e senza starvi a spiegare come e perché gli fa trovare lavoro come tata di Grayer (Nicholas Art) un bambino ricco, viziato e antipatico da meritarsi all’inizio gli schiaffi per 10 ore al giorno, che soffre del fatto che sua madre, ribattezzata da Annie Signora X (Laura Linney. Indimenticabile moglie di Jim Carrey in The Truman Show, La famiglia Savage), è sempre assente per cazzate come lo shopping mentre il padre, di conseguenza rinominato Signor X (Paul Giamatti), è sempre fuori casa e non sempre per affari.
È chiaro che si tratta di una favoletta con tanta morale di terzo e quarto ordine spiattellata qua e là sapientemente, in cui Annie capisce che i soldi non fanno la felicità , e la Signora X capisce che suo figlio è la cosa più importante che gli sia mai capitata. È chiaro che nella favoletta oltre alla conquista della fiducia del bambino c’è anche da tribolare per via di un principe azzurro (Chris Evans), classico ragazzo della porta accanto. Annie alla fine di queste scoperte si butta nella vita con più… non direi proprio ottimismo forse è meglio dire coscienza, consapevolezza, testa alta, non so.
Sì, ma che cos’è questo film che si chiama tra le altre cose Diario di una tata (titolo originale The Nanny Diaris) ed è diretto da Shari Springer Berman e Robert Pulcini? È una commedia, una osservazione antropologica, visto che lei, Annie, che tra l’altro viene sempre chiamata dalla Signora X tata e mai con il suo nome, fa continui riferimenti a questa disciplina? Andiamoci piano con i paroloni. In tutta onestà , mi duole dirlo perché gli attori sono tutti di prim’odine, ma questo film è una cazzata che sai come finirà dopo il primo minuto. L’unico personaggio interessante, che poi alla fine e come ti sbagli si redime completamente, è quello della madre di Grayer. Quello che interpreta la Johansson (lei è sempre divina sia chiaro) è puro trito e ritrito, trita e ritrita purezza. Anche l’ironia, come tutto il resto, preferisce la strada già bella asfaltata, come quando ad Annie scappa una parolaccia davanti al bambino o davanti ai genitori, invece che tentare qualche sentiero diverso. Insomma non mi aspettavo un capolavoro della commedia, ma un film acuto e divertente non è chiedere la luna, questo qui invece è pressoché un totale fallimento.
A scrivere questo film sono stati gli stessi registi basandosi su un libro di Emma McLaughlin e Nicola Kraus. Ora sapete a chi scrivere le vostre lettere minatorie.
Musiche – Mark Suozzo
Fotografia – Terry Stacey
Costumi – Michael Wilkinson
Scenografie – Mark Ricker
Montaggio – Robert Pulcini
È chiaro che si tratta di una favoletta con tanta morale di terzo e quarto ordine spiattellata qua e là sapientemente, in cui Annie capisce che i soldi non fanno la felicità , e la Signora X capisce che suo figlio è la cosa più importante che gli sia mai capitata. È chiaro che nella favoletta oltre alla conquista della fiducia del bambino c’è anche da tribolare per via di un principe azzurro (Chris Evans), classico ragazzo della porta accanto. Annie alla fine di queste scoperte si butta nella vita con più… non direi proprio ottimismo forse è meglio dire coscienza, consapevolezza, testa alta, non so.
Sì, ma che cos’è questo film che si chiama tra le altre cose Diario di una tata (titolo originale The Nanny Diaris) ed è diretto da Shari Springer Berman e Robert Pulcini? È una commedia, una osservazione antropologica, visto che lei, Annie, che tra l’altro viene sempre chiamata dalla Signora X tata e mai con il suo nome, fa continui riferimenti a questa disciplina? Andiamoci piano con i paroloni. In tutta onestà , mi duole dirlo perché gli attori sono tutti di prim’odine, ma questo film è una cazzata che sai come finirà dopo il primo minuto. L’unico personaggio interessante, che poi alla fine e come ti sbagli si redime completamente, è quello della madre di Grayer. Quello che interpreta la Johansson (lei è sempre divina sia chiaro) è puro trito e ritrito, trita e ritrita purezza. Anche l’ironia, come tutto il resto, preferisce la strada già bella asfaltata, come quando ad Annie scappa una parolaccia davanti al bambino o davanti ai genitori, invece che tentare qualche sentiero diverso. Insomma non mi aspettavo un capolavoro della commedia, ma un film acuto e divertente non è chiedere la luna, questo qui invece è pressoché un totale fallimento.
A scrivere questo film sono stati gli stessi registi basandosi su un libro di Emma McLaughlin e Nicola Kraus. Ora sapete a chi scrivere le vostre lettere minatorie.
Musiche – Mark Suozzo
Fotografia – Terry Stacey
Costumi – Michael Wilkinson
Scenografie – Mark Ricker
Montaggio – Robert Pulcini
4 commenti
Questo non l'hoancora visto e non so se vederlo.
Lascia perdere...
mi associo al culto della divinità della johansson e condivido la stroncatura a questa boiata di film.
patetico nell'emulare le situazioni de "il diavolo veste prada". mi duole dirlo - perché amo molto laura linney - ma con la streep siamo su un altro pianeta!
Mario, giusto il tuo parallelo con Il diavolo veste Prada. Il film è una cagata allucinante e anche qui siamo d'accordo. La Johansson questo se/ce lo poteva proprio risparmiare.
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