La casa 3 di Umberto Lenzi
Titolo invecchiato piuttosto male, La casa 3 del maestro Umberto Lenzi (si firma Humphrey Humbert) lo vidi la prima volta al cinema al momento della sua uscita. Avevo da poco compiuto i 14 anni necessari per poterlo vedere, ne uscii parecchio spaventato. A rivederlo oggi a prevalere più che la paura sono le risate.
A produrlo con pochi soldi la Filmirage di Aristide Massaccesi, responsabile tra le tante cose dell'esordio di Michele Soavi con Deliria. La casa 3 (all'estero è stato venduto come Ghosthouse) esce con questo titolo approfittando del successo dei due cult di Sam Raimi, ma i punti in comune finiscono lì. Lenzi preferisce attingere più che altro alla nostra tradizione cinematografica gotica, fatta di spettri tormentati e tormentatori che si aggirano in luoghi abbandonati, con porte che inspiegabilmente scricchiolano e finestre che si aprono facendo svolazzare le tende, con fanciulle indifese che si aggirano per l'abitazione spaventate e maschi coraggiosi vogliosi di capire perché succede quello che succede.
Qui è il fantasma di una bambina (Kristen Fougerousse) a terrorizzare e uccidere gli sfortunati perché sotto l'influsso di un pupazzo malefico. Salti sulla sedia, almeno oggi, non ce ne sono affatto. Oggi come oggi risulta poco spaventoso un film come Nightmare on Elm Street di Wes Craven, figuriamoci La casa 3. Alcune immagini però non sono niente male, come la testa dentro la lavatrice, o le varie apparizioni del fantasma di Henrietta accompagnate da una ossessiva nenia composta da Piero Montanari. A proposito di questo, il buon Lenzi non lo ammetterà mai, ma la sua Henrietta non può non ricordare un altro fantasma bambino, quello di Melissa nel capolavoro di Mario Bava Operazione paura. Questo sì che spaventa ancora, se non altro per la tecnica.
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