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Invictus di Clint Eastwood


Un sogno impossibile che si è realizzato, grazie alla cocciutaggine, alla sensibilità, alla furbizia, perché diritto sacrosanto. Dà forza avere un motivo diceva Tom Reagan ma quello è un altro film, qui ad avere la forza di cancellare tutto il passato, senza rancori, è un uomo che qualcosa da pretendere ce l'avrebbe: Nelson Mandela. E invece niente vendetta, tutto si azzera, fra mille disapprovazioni, da una parte e dall'altra, fino a quando non ha un'intuizione geniale che gli fa capire che lo sport può diventare uno strumento per unire bianchi e neri, più di cento leggi. L'occasione la offre, nel 1995, il campionato del mondo di rugby che proprio in Sud Africa si svolge, e vincerlo, quindi, sarebbe ancora meglio. Gli Springboks capitanati da François Pienaar, da poco riammessi alla competizione sportiva dopo varie esclusioni e boicottaggi da parte della lega rugby a causa dell'apartheid, assolutamente non tra i favoriti, riescono nell'impresa battendo in finale gli All Blacks e il pubblico bianco e nero si è ritrovato senza neanche rendersene conto più vicino di quanto pensasse. One team, one country fu lo slogan adottato dalla squadra e da Mandela, un uomo che riusciva (riesce) ad insinuarsi nelle menti degli altri capendole, e a trovare quei territori neutri dove tutti vanno d'accordo. Clint Eastwood racconta tutto con semplicità, con un sorriso che è quello del suo protagonista. La parte sul rugby è solo una piccola parte, è il pretesto per realizzare una unione, per raccontare un uomo straordinario e la sua impresa. Tutto scorre magnificamente solo in un paio di occasioni si è sentita la mano della retorica, della furbata di mestiere che certe biografie impongono.

3 commenti

Cannibal Kid ha detto...

bello, mi è piaciuto
per fortuna la retorica è stata secondo me evitata quasi del tutto. clint non ha deluso nemmeno stavolta

Anonimo ha detto...

A me la parte del rugby è sembrata gran parte del film e soprattutto è sembrata girata malissimo (i ralenti e le riprese di gioco erano davvero da suicidio). Per il resto l'ho trovato eccessivamente retorico, stucchevole, buonista e convenzionale. Per me che ho sempre amato e idolatrato Eastwood, questo è stato un colpo basso.

Ale55andra

Roberto Junior Fusco ha detto...

Marco, la semplicità con la quale ha raccontato tutto è meravigliosa, che altro dire.
Ale55andra, la parte sul rugby, concordo con te, sono quelle girate peggio. Anche se quest'anno al 6 nazioni stanno facendo di peggio, posso capire che sono in diretta ma a tutto c'è un limite tranne al sonno dai cameraman e dei registi. Sulla retorica torniamo ad occupare due barricate diverse. Riconosco però che è un Eastwood in qualche modo minore.