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E venne il giorno di M. Night Shyamalan

L’Uomo e la natura, oppure la Natura e l’uomo. Due modi di intendere diametralmente opposti con cui si può leggere tutta la storia dell’arte.
Il primo vede l’Uomo al centro di tutto, figlio prediletto della natura perché unico dotato di intelligenza. Con i periodi greco-romani, il rinascimento e l’espressionismo francese dei fauves questo concetto ha sempre evidenziato il buon rapporto tra i due, complice anche un territorio geografico dalla temperatura mite. L’Uomo non aveva nulla da temere dalla natura, era così sicuro di sé da realizzare ritratti di principi, inventare la prospettiva centrale, vedere il mondo come qualcosa di statico e sicuro.
Il secondo vede invece la Natura selvaggia e ostile, e l’uomo decentrato rispetto alla visione ottimistica vista dai classici. L’uomo non è più visto al centro di tutto ma come una briciola, un granello di sabbia, rispetto alla maestosità oscura della Natura. È il caso di tutte le correnti romantiche, dal Barocco al Surrealismo. Qui l’uomo non è più rappresentato in primo piano come accadeva nel Rinascimento (in cui tutti gli artefici di questo periodo si sono fatti ritrarre) ma piccolo e di spalle di fronte a un mare in tempesta, come nei quadri di Caspar Friedrich, se non addirittura assente come nei dipinti di Turner. Alla staticità sicura dei classici subentra la curva e la dinamicità insicura dei romantici. La Natura non è più vista come un luogo in cui confondersi per poi fondersi come ne la Joie de vivre di Matisse, ma come una madre cattiva che punisce o dà il colpo di grazia invece di consolare. Anche qui conta tra le cose, sempre se si avalla la teoria del Worringer, la posizione geografica. Se i periodi classici sono fioriti in Grecia, Italia e Francia, quelli romantici hanno attecchito in Germania, Scandinavia, Inghilterra, tutti luoghi dalla temperatura più fredda e quindi con una cultura più propensa a vedere la Natura con diffidenza se non con timore. I primi provano nei suoi confronti empatia i secondi astrazione.
Il caso dei due Espressionismi ci può aiutare per capire meglio la questione. All’inizio del ‘900 l’uomo europeo si è trovato ad un bivio. Come reagire di fronte al repentino e shockante cambio di programma che l’industrializzazione porta con sé? Questa è la domanda che si sono posti gli uomini europei di inizio secolo scorso. I francesi, come abbiamo visto, rispondono con un ritorno alla natura, ritorno anticipato in qualche maniera da Gauguin che prima si rifugia in Bretagna e poi ad Haiti. I tedeschi sprofondando nell’alienazione, nella follia.

Certo, questo discorso non è sacrosanto, ci mancherebbe pure. Soprattutto nel ‘900 queste due correnti spesso si sono intersecate, influenzandosi a vicenda. Spesso si sono visti artisti passare convinti, e non per motivi economici, da una corrente classica a una romantica. Spesso il disagio per i tempi moderni si è fuso nell’ironia, nella provocazione.

Uscendo dai territori della pittura possiamo constatare un atteggiamento analogo anche in letteratura. Basti pensare al Moby Dick, a Leopardi (Oh natura! Oh natura! Perchè non dai quel che prometti allor? Perchè di tanto inganni i figli tuoi?), a Thomas Mann o James Ballard (leggere per credere Vento dal nulla), da una parte, mentre dall’altra troviamo un Francesco d’Assisi, con il suo fratello sole sorella luna, o un Boccaccio, tanto per fare due esempi di casa nostra.

Nella storia del cinema la Natura ribelle è stata vista come una sorta di vendetta nei confronti dell’uomo per tutte le creature preistoriche ritrovate o risvegliate per poi essere distrutte. Come se la natura cinematografica, con i vari terremoti, uragani, epidemie volesse dire –Questo è per King Kong, questo per il mostro della laguna nera, questo per Gwangi-.
E venne il giorno (The happening) appartiene alla seconda categoria.
In questo caso la vegetazione terrestre sparge per l’est degli States un batterio che fa suicidare l’uomo con lo scopo di avvertirlo che se va avanti così (con l’inquinamento, l’effetto serra e via dicendo) finisce male.
Nonostante si tratti di un prodotto hollywoodiano non c’è happy end. L’uomo merita di essere distrutto, spazzato via dal posto che ha rovinato irrimediabilmente. L’ennesima prova di quanto sia capace M. Night Shyamalan.



Attori: Mark Wahlberg, John Leguizamo, Zooey Deschanel, Ashlyn Sanchez, Betty Buckley, Spencer Breslin, Robert Bailey Jr., Frank Collison.
Musiche: James Newton Howard
Fotografia: Tak Fujimoto
Montaggio: Conrad Buff
Scenografie: Jeaninne Claudia Oppewall, Anthony Dunne
Libro di riferimento:
Wilhelm Worringer, Astazione e empatia, Einaudi

9 commenti

Anonimo ha detto...

Nonostante abbia infastidito moltissimi, a me è piaciuto soprattutto per la bellissima messa in scena.
Ale55andra

Anonimo ha detto...

Interessanti i dotti riferimenti,
mentre mi pare sia rimasta un po' in superficie l'analisi del film.
Che, personalmente, non ho per nulla apprezzato.
E' la prima volta che Shyamalan mi delude così.

Roberto Junior Fusco ha detto...

Ale55andra, un film niente male. Shyamalan divide.
Mr. Hamlin, l'analisi del film è stata proprio omessa, è vero. A me non aveva convinto Lady in the water poi a furia di pensarci e ripensarci devo dire che anche quello non mi dispiace. Peccato che il suo ultimo lavoro non ti sia piaciuto per niente.

Weltall ha detto...

Più che dividere, il cinema di Shyamalan crea delle vere e proprie fratture fra i suoi estimatori e i suoi detrattori. Credo che E venne il Giorno abbia reso incolmabile la distanza tra le due parti.
Personalmente ho molto apprezzato il film ^__^

Luciano ha detto...

Una profonda e fertile recensione piena di spunti di riflessione(il concetto di Natura nell'arte è secondo me una forma a se stante - come cinema, letteratura, ecc. - e benissimo hai fatto a porre la questione).

Anche per me un film interessante e gradevole.

Roberto Junior Fusco ha detto...

Weltall, d'accordo con te.
Luciano, un film interessante, un inizio da urlo.
Uomo e Natura è un tema centralissimo, se ne parlerà ancora.
Grazie!

liuis ha detto...

Ti dirò, quando lo vidi non mi piacque affatto. A distanza di tempo, adesso, ripensandoci forse gli darei la sufficienza. Ma non credo questo film sia l'esempio più lampante delle capacità (e le ha) di M.Night.

Testadicinema ha detto...

Ne volevo parlare anche io, ma poi non l'ho fatto.
Comuqnue: secondo me la trama è molto bella, una fotografia davvero buona, le immagini dei morti impiccati e e altre tipo queste sono inquietanti e ben fatte. Ma il finale proprio no! Non mi è piaciuto affatto, troppo buonista. Peccato.

Roberto Junior Fusco ha detto...

Buonista? Mi ricordo che finisce male, no? Non è che esistono due diversi finali?