Borat di Larry Charles
Il film evento, scandalo, divertente, provocatorio e dissacrante Borat di Larry Charles è in realtà una studiatissima macchina per fare soldi. Per prima cosa: le polemiche che lo hanno accompagnato un po' ovunque ne hanno solo aumentato la fama di pellicola politicamente scorretta. La conseguenza più tangibile si trova nel conto in banca di Sacha Baron Cohen. Non è neanche da escludere che molte delle denunce al film siano state studiate a tavolino, siano cioè una trovata pubblicitaria. Non sarebbe la prima volta. Guardando la pellicola si nota facilmente che molte situazioni in cui Borat si caccia sono preparate. Non pensiamo alla risatina della malcapitata vittima, ma a quelle gags in cui l'interazione (intervistatore-vittima/e) è complice ed evidente tanto da ricordare le candid camera di Scherzi a parte. Borat è quindi un film che si regge sulla menzogna. Il ritratto che ne esce degli Stati Uniti è per questo motivo falso. È anche vero però che molti documentari sono in realtà dei falsi documentari. Se volessimo essere pignoli sarebbe da dire che il vero documentario è quello su gli animali. Anni di appostamenti per far vedere un'ora e mezzo di film.
Quando l'uomo diventa l'oggetto del documentario tutto cambia e si complica, ed ecco che conviene fare un falso documentario. Dietro ogni cambio di inquadratura si potrebbe nascondere un compromesso e l'intervistato da vittima diventa complice. E qui ritorna il paragone con «Scherzi a parte». Alcune gags come la lotta che Borat e il suo amico fanno nudi davanti a una platea (si direbbe realmente) scioccata, o le lezioni per imparare il galateo, sono divertenti. Ma è poca roba. Ci si sente insoddisfatti uscendo dalla sala. E non è solo per l'artificiosità evidente ma anche per l'eccessiva pubblicità che lo ha preceduto che come si sa il più delle volte è per film tutto fumo e niente arrosto.
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