Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti
Accio Benassi per la sua famiglia è sempre stato una delusione. In seminario per diventare prete ha una crisi di coscienza che gli fa interrompere gli studi, deludendo così il padre, operaio molto religioso, convinto che un prete in famiglia fa sempre comodo. Torna a casa e si accorge che tutto è cambiato: il suo letto è occupato dalla sorella così adesso deve dormire sul divano, la sua passione per il latino scoperta dai preti non potrà coltivarla al liceo classico perché la scuola scelta per lui dalla famiglia è quella dei geometri. Accio si sente trascurato per questi motivi dalla sua famiglia, e in fondo ha ragione. A queste bastonate psicologiche Accio (Elio Germano) risponde con un carattere scontroso, anche perché si vanno a sommare a quelle fisiche che gli infligge il fratello maggiore Manrico (Riccardo Scamarcio), operaio comunista che quando parla col megafono dal tetto della fabbrica fa stare tutti in silenzio, specialmente le donne che per lui sono ancora un mistero. Troverà conforto in Mario (Luca Zingaretti) un venditore di stoffe che sin da piccolo lo avvicinerà al fascismo, con il fascino delle parole, e il carisma della sua personalità. Accio che di personalità carismatica ne ha poca prede dunque la strada diametralmente opposta a quella del fratello, con il quale in più di un’occasione arriva a scontrarsi, anche in ambiti extra politici. Ma non si vuole cadere nella facile retorica che il fascista è il cattivo mentre il comunista è buono. Accio è simpatico, ha un modo di vedere le cose che ha molta ironia. Il fascista posseduto dal diavolo, come dice sua madre (Angela Finocchiaro, sempre più brava), avrà tempo di capire che la sua fede fascista era immotivata, dovuta solo ad una carenza di affetto di cui è colpevole la sua famiglia, la società e le cattive compagnie. Capisce, Accio, che alla violenza che genera violenza si può rispondere anche con un atto non violento. È la rabbia di Manrico che non troverà fine né redenzione. Sarà lui a non accontentarsi più di dare fuoco alla sede di Latina del MSI, che vorrà passare alle maniere ancora più forti. Niente gli farà cambiare idea, né il fratello "rinsavito" né l'amore che nutre per lui Francesca (Diane Fleri). È l'Italia di fine anni '60 e degli anni '70 divisa in due quella descritta da Daniele Luchetti in Mio fratello è figlio unico. Tra bombe e attentati, neri e rossi. L’Italia delle contraddizioni, delle riconciliazioni, delle crisi d’identità, dello smarrimento ideologico, delle disuguaglianze, della lotta armata e del terrorismo. Tutte condizioni che troviamo anche (o meglio, ancora) nell’Italia di oggi. Accio cambia spesso bandiera: prima seminarista, poi picchiatore fascista, infine filocomunista come il fratello che invece resta sempre fedele al suo credo rimanendo imbrigliato in questa condizione. Tratto dal libro autobiografico di Antonio Pennacchi Il fasciocomunista (Edizioni Monadori) il titolo prende in prestito l’omonima canzone di Rino Gaetano proprio a voler sottolineare quella separazione di ideali che così bene caratterizza non solo il nostro paese ma un po’ tutte le società moderne. Accio e Manrico sono diversi solo all’apparenza, solo perché è il paese ad essere spaccato in due quindi entrambi possono dire di essere figli unici. Il film dunque non è affatto malvagio, c’è da dire però che la parte finale è un po’ telefonata mentre la prima è quella meglio orchestrata. La sceneggiatura di Stefano Rulli, Sandro Petraglia e Luchetti non è piaciuta all’autore del libro Pennacchi perché poco fedele. Non è il primo caso di un autore che polemizza con l’adattamento di un suo romanzo. Già Stephen King ebbe da ridire a Stanley Kubrick per il film Shining. Ancora prima Giorgio Bassani si arrabbiò con Vittorio De Sica per l’adattamento de Il giardino dei Finzi Contini. Bravo come al solito Daniele Luchetti nel dirigere tutti gli attori: Scamarcio un po’ si è allontanato dal clichè del bello-sciupafemmine e impossibile, un po’. Elio Germano con una faccia da schiaffi non indifferente riesce nell’intento di far risultare umano e simpatico il suo personaggio. Massimo Popolizio interpreta il padre dei due. Alba Rohrwacher è la sorella dei due. Claudio Botosso nel ruolo del professor Montagna che insidia la sorella dei due. Anna Bonaiuto, la bravissima protagonista di L'amore molesto di Mario Martone, è Bella la moglie di Luca Zingaretti. Infine segnaliamo Ascanio Celestini nel piccolo ruolo di Padre Cavalli (se non sapete chi è Celestini vergognatevi, comunque è quello con il pizzetto lunghissimo).
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