Spiritika di Kevin Tenney
Jim (Tod Allen) è un tipo che ha sempre la risposta pronta, Linda (Tawny Kitaen) è la sua ragazza, Brandon (Stephen Nichols) è un riccone ateo con la strana passione per lo spiritismo ex amico di Jim finché Linda non si è messa di mezzo. Questi sono i protagonisti di Spiritika (titolo originale Witchboard) filmetto del 1986 scritto e diretto da Kevin Tenney.
Tentare di spaventare mostrando poco o niente è una strada difficile. I veri pionieri di questo approccio con la paura sono stati i tedeschi espressionisti, poi negli anni ’40 l’argomento è stato ripreso con ottimi risultati dal produttore Val Lewton il quale con circa sette film a basso budget risolleva le sorti della morente RKO. In tempi recenti ci ha provato Alejandro Amenabar dimostrando di conoscere molto bene le regole non solo della paura ma anche dell’ironia. Il suo Tesis non solo spaventa, riesce in molti casi anche a divertire per come allenta la tensione nei momenti più tesi, per come, diciamolo meglio, scherza sui tanti clichè legati al cinema spaventoso. Il suo discorso è diverso dal ribaltamento dei clichè adottato da Wes Craven nei suoi tre Scream perché in Amenabar non c’è il gioco alla citazione continua di Craven. Amenabar più che citare questo o quel film, cita questo o quel clichè, vuoi che sia la persona che dice –torno subito- vuoi che una luce improvvisamente si spenga. Craven fa anche questo, basti ricordare la vittima che rincorsa fa il classico errore di salire la scale o il -Mi allontano un attimo- succitato, ma il suo discorso sul genere torna spesso sulla citazione a qualche film anche per fare una certa denuncia sociale.
Spiritika onestamente ci prova, in parte riuscendoci ma in gran parte scottandosi, ad inoltrarsi in territori simili. I protagonisti durante una festa in casa della coppia improvvisano una seduta spiritica invocando lo spirito di un bambino defunto all’età di dieci anni di nome David.
Diciamolo subito, nel film non si vede neanche l’ombra di un fantasma, gli spiriti che ronzano intorno ai protagonisti a partire da quella fatidica sera appaiono veramente poco e per pochissimi secondi e mai durante una seduta spiritica. Le rare volte che li vediamo sono attraverso le rapide inquadrature di una fotografia o negli incubi di Linda.
Da quel momento, comunque, per i tre protagonisti inizia a mettersi male, tanto che alcune persone a loro vicine iniziano a morire in maniera atroce e a far insospettire il tenente Dewhurst (Burke Byrnes). La prima vittima è un amico e collega di Jim, Lloyd (James Quinn), la seconda è una spiritista un po’ punk un po’ dark che si fa chiamare Zarabeth (Kathleen Wilhoite) contattata da Brandon una volta convinto il sempre meno scettico Jim.
Jim che all’inizio non credeva nell’ultraterreno si ricrederà nel corso della storia. Il suo scetticismo crollerà di fronte all’evidenza perché nel frattempo Linda dopo quella sera inizia a comunicare da sola con lo spirito di David tramite la tavola Ouija che Brandon ha dimenticato. Il classico errore della dimenticanza che dà il vero inizio a tutto perché Linda non sa che la tavola Ouija si deve usare sempre in due e mai da soli, perché lo spirito con il quale si entra in contatto potrebbe non essere quello che si crede. E infatti un altro spirito parla in realtà con Linda, lo spirito del serial killer Malfeitor (J.P. Luebsen) morto negli anni ’30 e che abitava nella casa dove lei vive adesso con Jim.
Quando si usa la tavola Ouija da soli e si viene plagiati da uno spirito maligno avviene, dice l’esperto Brandon, un intrappolamento psicologico progressivo che termina nella possessione.
In questa storia di possessione, oltre a non vedere quasi mai com’è fatto lo spirito che tormenta i nostri, non vediamo neanche una lievitazione come certa tradizione sulla possessione imporrebbe. Le varie sedute spiritiche che nel film si susseguono sono accompagnate dalle pur sempre classiche porte e finestre che si chiudono da sole, dalle luci che si abbassano inspiegabilmente, della presenza degli spiriti suggerite tramite soggettive con il dolly.
Eppure dobbiamo ammettere che la pellicola più che momenti riusciti porta a casa parecchi scivoloni.
Spiritika onestamente ci prova, in parte riuscendoci ma in gran parte scottandosi, ad inoltrarsi in territori simili. I protagonisti durante una festa in casa della coppia improvvisano una seduta spiritica invocando lo spirito di un bambino defunto all’età di dieci anni di nome David.
Diciamolo subito, nel film non si vede neanche l’ombra di un fantasma, gli spiriti che ronzano intorno ai protagonisti a partire da quella fatidica sera appaiono veramente poco e per pochissimi secondi e mai durante una seduta spiritica. Le rare volte che li vediamo sono attraverso le rapide inquadrature di una fotografia o negli incubi di Linda.
Da quel momento, comunque, per i tre protagonisti inizia a mettersi male, tanto che alcune persone a loro vicine iniziano a morire in maniera atroce e a far insospettire il tenente Dewhurst (Burke Byrnes). La prima vittima è un amico e collega di Jim, Lloyd (James Quinn), la seconda è una spiritista un po’ punk un po’ dark che si fa chiamare Zarabeth (Kathleen Wilhoite) contattata da Brandon una volta convinto il sempre meno scettico Jim.
Jim che all’inizio non credeva nell’ultraterreno si ricrederà nel corso della storia. Il suo scetticismo crollerà di fronte all’evidenza perché nel frattempo Linda dopo quella sera inizia a comunicare da sola con lo spirito di David tramite la tavola Ouija che Brandon ha dimenticato. Il classico errore della dimenticanza che dà il vero inizio a tutto perché Linda non sa che la tavola Ouija si deve usare sempre in due e mai da soli, perché lo spirito con il quale si entra in contatto potrebbe non essere quello che si crede. E infatti un altro spirito parla in realtà con Linda, lo spirito del serial killer Malfeitor (J.P. Luebsen) morto negli anni ’30 e che abitava nella casa dove lei vive adesso con Jim.
Quando si usa la tavola Ouija da soli e si viene plagiati da uno spirito maligno avviene, dice l’esperto Brandon, un intrappolamento psicologico progressivo che termina nella possessione.
In questa storia di possessione, oltre a non vedere quasi mai com’è fatto lo spirito che tormenta i nostri, non vediamo neanche una lievitazione come certa tradizione sulla possessione imporrebbe. Le varie sedute spiritiche che nel film si susseguono sono accompagnate dalle pur sempre classiche porte e finestre che si chiudono da sole, dalle luci che si abbassano inspiegabilmente, della presenza degli spiriti suggerite tramite soggettive con il dolly.
Eppure dobbiamo ammettere che la pellicola più che momenti riusciti porta a casa parecchi scivoloni.
Almeno uno, comunque, è il momento riuscito: Linda, a una certa fase dell’intrappolamento progressivo (quando cioè lo spirito cessa di mostrarsi gentile e inizia a spaventare), lascia la tavola ouija perché sembra non funzionare più quando improvvisamente il segnalatore delle lettere inizia a muoversi da solo. Neanche sono da buttare le musiche scritte da Dennis Michael Tenney. Per quanto riguarda gli scivoloni invece, purtroppo ce ne sono molti. Visto verso la fine degli anni ’80 ci sembrò abbastanza spaventoso e avvincente, rivisto di recente non ha potuto che mostrare prepotentemente tutti i suoi difetti. A cominciare dall’amicizia ritrovata tra Brandon e Jim che se all’inizio si stuzzicavano venendo quasi alle mani, nella seconda parte scherzano e ridono come se nulla fosse mai successo, come ai vecchi tempi, forse mettendo da parte il rancore perché entrambi desiderosi di salvare la donna che amano; poi c’è la voce di Linda nel finale, quand’è posseduta dallo spirito cattivo di Malfeitor, che fa decisamente ridere. Per non parlare della piatta fotografia quasi televisiva di Roy Wagner. E dell'happy end...
Certo è che se avesse tentato altre strade avrebbe fatto ancora più ridere visto il budget basso. I pochi effetti spaciali sono curati dal valido Mark Shostrom.
Nonostante tutto ciò ottiene un successo (col senno deluso di poi oseremo definirlo addirittura eccessivo) che gli ha meritato ben due seguiti (il primo del 1993 è diretto dallo stesso Tenney, il terzo del 1995 è di Peter Svatek) e, pare, un remake diretto dallo stesso regista dell’originale.
6 commenti
ti stai dando anima e corpo al b.movie!
l'inizio della recensione è davvero molto bello..con quei riferimenti a val lewton (recensii il bacio della pantera non molto tempo fa), wes craven e amenabar..davvero molto bello!il film non l'ho visto non sono sicuro di volerlo vedere..comunque secondo me è un discorso generale quello degli horror anni 80..a mio parere sono invecchiati molto prima e peggio di molti altri...anche se ancora non comprendo il perchè...
Mario, è sì...recuperiamo qualcosa del passato da salvare o da buttare.
Deneil, mi sembra di aver anche commentato il tuo post sul doppio film Il bacio della pantera Tourneur/Shrader. E mi sembra di ricordare che non eravamo molto d'accordo... Per quanto riguarda Spiritika fai bene a non volerlo vedere. Questo post vuole essere proprio un avvertimento per gli appassionati. Lasciate perdere questo film!!
Un saluto a tutti!
ma io li ho visti tutti e tre e sebbene i seguiti non siano all'altezza del primo a me sono piaciuti un casino... Uno dei pochi horror che è riuscito a farmi fare qualche salto dalla poltrona e credetemi sono ben pochi quelli che sono in grado di spaventarmi... Speriamo che facciano il remake che non vedo l'ora di vederlo!
ma io li ho visti tutti e tre e sebbene i seguiti non siano all'altezza del primo a me sono piaciuti un casino... Uno dei pochi horror che è riuscito a farmi fare qualche salto dalla poltrona e credetemi sono ben pochi quelli che sono in grado di spaventarmi... Speriamo che facciano il remake che non vedo l'ora di vederlo!
Elena, mi accorgo del tuo comment solo oggi, accidenti.
La prima volta l'ho visto da ragazzo e qualcosa mi colpì, qualche scena ben fatta mi sembrava che ci fosse. Rivisto "da grande" l'ho trovato noioso e involontariamente comico. Il remake credo proprio che lo eviterò, almeno a cinema.
Posta un commento