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Il viaggio di Felicia di Atom Egoyan

Il classico uomo apparentemente tranquillo, dalla faccia pacioccona e rassicurante, gentile e disponibile che in realtà è un maniaco omicida. La classica ragazza sola, indifesa e alla ricerca del padre del figlio che porta in grembo. Il classico incontro tra i due dalle conseguenze imprevedibili. Atom Egoyan con Il viaggio di Felicia (1999) omaggia M di Fritz Lang perché invece di ricorrere a soluzioni visive sanguinolente, decide la strada che più che mostrare l'orrore lo suggerisce. Nel film di Lang le morti sono raffigurate ad esempio mostrando il palloncino, che prima la bimba teneva in mano, impigliato tra i rami di un albero. Basta questo per far capire che fine ha fatto la piccola. Non si vede che alla fine il volto dell'assassino pedofilo, fino ad allora è solo un'ombra proiettata accanto a quella della vittima predestinata. Nel film di Egoyan, a differenza di quello di Lang, non ci sono morti. La scoperta della verità, della malattia mentale del protagonista, dei suoi omicidi passati, affiora poco a poco grazie ai filmati che vedono la madre dare ricette gastronomiche in tv. A queste riprese si aggiungono quelle in camera-car delle varie vittime incontrate nel corso del tempo. Le bugie che il cuoco Hilditch continua a dire vengono subito smascherate dallo spettatore mentre resteranno sacrosanta verità per la dolce Felicia per un bel po' di tempo, come da manuale. Pensiamo alle balle che le racconta sulla moglie Ada. La drammaturgia del film dunque si basa su una vecchia regola che piaceva molto ad Alfred Hitchcock, la regola principale della suspence: mettere il protagonista in un pericolo di cui non è a conoscenza. E mettere lo spettatore in condizione di sapere del pericolo che il protagonista corre ignaro. Il maestro della suspence è palesemente omaggiato riproponendo la scena più famosa del suo Il sospetto (1941). Ecco allora che le bugie assumono un tono sinistro. Ecco allora che i suoi cambi di espressione quando lei non vede significano che c'è qualcosa che non va. Il viaggio di Felicia (titolo originale Felicia's journey) è interpretato da un bravissimo Bob Hoskins nel ruolo del maniaco Hilditch, e da Elaine Cassidy (The others) in quelli della malcapitata Felicia. Ottime le musiche di Michael Danna. Avvolto da un'atmosfera affascinante e retrò, il film, che non è immune all'ironia, ci ricorda che per creare tensione basta poco. Qualche volta sono i problemi di budget a costringere il regista a risolvere in economia alcuni punti. Lo faceva Jacques Tourneur ne Il bacio della pantera mostrando l'ombra del felino, lo ha fatto Alejandro Amenábar nei suoi primi film. Non osano tanto Eli Roth (con la scusa che il cinema horror si è ammorbidito) e i tanti altri di un lungo elenco. Atom Egoyan si gioca tutto fornendo solo indizi, lasciando allo spettatore le ovvie conclusioni. Il ritratto psicologico che viene fuori del serial killer ci induce alla pietà e alla tenerezza proprio come accade con il Peter Lorre del film di Lang. Una scelta coraggiosa anche questa premiata, come al solito, dai premi ai festival ma non dagli incassi.

1 commento

Anonimo ha detto...

Davvero apprezzabili le molte connessioni con i film che hai citato, denotando peraltro una considerevolissima cultura cinematografica.
Passando al film invece devo dirti che personalmente non mi ha mi convinto del tutto. Come quasi tutto il cinema di Egoyan peraltro.