Babel di Alejandro González Iñárritu
Quattro storie disperate e piene di solitudine unite da un evento fatale. Potrebbero bastare queste parole per descrivere Babel l'ultimo film di Alejandro González Iñárritu. Gli intrecci scaturiti spesso da eventi tragici sono un po' il pallino del regista che forte di un grosso finanziamento americano distribuisce ai quattro angoli del mondo. Due si svolgono in Marocco, un'altra tra gli Stati Uniti e il Messico, infine c'è quella in Giappone. Quattro storie piene di dolore, emotività, solitudine, unite dal destino e da una incomunicabilità di vario tipo. (forse da qui il titolo). Splendidamente fotografato da Rodrigo Prieto, il film ha anche una bella colonna sonora. La direzione degli attori, Brad Pitt, Cate Blanchett (Io non sono qui) e Gael Garcia Bernal i più famosi, è veramente buona (non a caso ha vinto il premio a Cannes per la miglior regia), il sonoro perfetto. Ma.
C'è un ma.
L'impianto drammaturgico (sceneggiatura del solito Guillermo Arriaga) sa troppo spesso di artificioso. Ecco perché alcuni passaggi da una storia a un'altra sembrano scontati se non banali. Il risultato di questa artificiosità è un film furbetto in perfetto stile Hollywood.
2 commenti
Perfettamente d'accordo sull'artificiosità. Il meno interessante tra i tre film di Inarritu.
bravissimo, ben detto!
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