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Il mostro della California di Fred F. Sears

Molti dei personaggi storici dell’orrore manifestano nello spettatore una forte empatia per un semplice motivo: sono mostri non per loro scelta. O per colpa di uno scienziato pazzo o a causa di una maledizione, la creatura del dottor Frankenstein, Dracula il vampiro, l’uomo lupo vivono spesso per questo in una condizione che non vogliono e che li fa star male.
Il lupo mannaro protagonista di Il mostro della California (The wolfman) non ha nessuna maledizione né è stato aggredito precedentemente da un altro lupo mannaro. Duncan Marsh (Steven Ritch) è un uomo che si trasforma in lupo a causa di alcuni esperimenti medici che ha subito dal solito scienziato pazzo (George Lynn) che vuole così salvare l’umanità dalla minacce atomiche. Questo poveretto, malgrado si trovi lontano da casa e senza memoria, ha capito benissimo di essere malato e il responsabile della morte di un uomo e si dispera, quando però si sente minacciato si trasforma e si difende come farebbe un qualsiasi animale.
Lo sceriffo (Don Megowan) cerca di non ucciderlo convinto prima dalla fidanzata infermiera Amy (Joyce Holden) e poi dalla moglie dell’uomo (Eleanore Tanin) che arriva sul posto insieme al figlioletto (Kim Charney). Eppure si sa come vanno a finire certe cose: l’animale che è il lui non può nulla contro l’animale che vive nella solita folla più o meno inferocita che vuole farsi giustizia armata di fucili, forconi e torce.
Girato nel 1956 dall’infaticabile Fred F. Sears con un budget palesemente inesistente della Clover, Il mostro della California maschera la lacuna puntando tutto sull’aspetto drammatico della vicenda e quindi sulla buona recitazione dell’attore protagonista Steven Ritch piuttosto che sull’utilizzo degli effetti speciali.

Un piccolo film (scoperto grazie al nuovo amico Them! conosciuto grazie ad internet, è sua anche la bella locandina qui sotto) che meriterebbe un'edizione italiana in DVD e di essere ritrasmesso da qualche parte, anche alle tre di notte va bene tanto mettiamo il timer.

Sceneggiatura – James B. Gordon, Robert E. Kent
Fotografia – Edward Linden
Scenografie – Paul Palmentola, Dave Montrose
Make-up – Clay Campbell
Sonoro – Ferrol Redd
Montaggio – Harold White
Musiche – Mischa Bakaleinikoff

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