Il gatto dagli occhi di giada di Antonio Bido
Una serie di morti ammazzati, una donna in pericolo (Paola Tedesco), perché in qualche modo testimone del primo omicidio, e un ingegnere (Corrado Pani, papà di Massimiliano Pani il chitarrista e arrangiatore figlio di Mina) che si improvvisa investigatore pur di proteggere la donna che ama.
Nel primo lungometraggio per il cinema di Antonio Bido, ambientato in gran parte a Roma ma anche a Padova nel finale, ci parecchi elementi tipici del giallo all’italiana anni ’70: qualche morte violenta; una coppia che indaga; il solito maniaco che a un certo punto diventa prevedibile senza farsi beccare lo stesso (perché niente è come sembra e i sospetti nostri e del protagonista si rivelano, come genere impone, sempre sbagliati); la solita soluzione inaspettata. Il titolo, Il gatto dagli occhi di giada, imposto dai produttori suppongo, richiama i gialli “animaleschi”di Dario Argento (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio) eppure va oltre, o almeno ci prova. Bido, farà ancora meglio con il successivo Solamente nero (1978).
Comunque già qui si vede l’accuratezza nelle inquadrature (fotografia di Mario Vulpiani), il buon connubio tra musiche (composta dai Trans Europa Express, gruppo in un certo senso clone dei Goblin) e montaggio (Maurizio Tedesco), e la voglia di smarrire lo spettatore (sceneggiatura di Roberto Natale, Vittorio Schiraldi, Aldo Serio e Antonio Bido).
Nel primo lungometraggio per il cinema di Antonio Bido, ambientato in gran parte a Roma ma anche a Padova nel finale, ci parecchi elementi tipici del giallo all’italiana anni ’70: qualche morte violenta; una coppia che indaga; il solito maniaco che a un certo punto diventa prevedibile senza farsi beccare lo stesso (perché niente è come sembra e i sospetti nostri e del protagonista si rivelano, come genere impone, sempre sbagliati); la solita soluzione inaspettata. Il titolo, Il gatto dagli occhi di giada, imposto dai produttori suppongo, richiama i gialli “animaleschi”di Dario Argento (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio) eppure va oltre, o almeno ci prova. Bido, farà ancora meglio con il successivo Solamente nero (1978).
Comunque già qui si vede l’accuratezza nelle inquadrature (fotografia di Mario Vulpiani), il buon connubio tra musiche (composta dai Trans Europa Express, gruppo in un certo senso clone dei Goblin) e montaggio (Maurizio Tedesco), e la voglia di smarrire lo spettatore (sceneggiatura di Roberto Natale, Vittorio Schiraldi, Aldo Serio e Antonio Bido).
4 commenti
Caro Roberto, è sempre un piacere scoprire grazie a te film del passato di cui nessuno parla mai.
un abbraccio e a presto!
Grazie a te Viola per la fiducia, la visita e il sostegno. Antonio Bido va assolutamente riscoperto. Tra l'altro c'è una scena nel film che Lucio Fulci ha molto probabilmente omaggiato in uno dei suoi ultimi lavori, Quando Alice ruppe lo specchio. Questo tanto per ribadire quanto Bido non sia da sottovalutare.
Ottimo film, splendida la seconda parte girata a Padova. Bido mi sembra che stia tornando in pista per una nuova produzione. Ho visto solo questo film, proverò a scaricarmi qualcos'altro!!!
Grazie
Sia Il gatto dagli occhi di giada che Solamente nero sono usciti di recente in DVD. Vedi tu. Non conoscevo il tuo blog, mi sembra interessante. Passerò con calma. Ciao e torna quando vuoi.
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