Il divo di Paolo Sorrentino
Che Paolo Sorrentino sia un bravissimo regista lo avevamo capito da L’uomo in più. Già lì si era sforzato di indagare la psiche umana di persone fondamentalmente sole. Ed è andato avanti così fino a quest’ultimo (pluri premiato, pluri acclamato, e giustamente) Il divo trovando il coraggio di parlare di uno degli uomini più importanti, non solo in Italia, di tutto il ‘900. Giulio Andreotti (interpretato da un sempre mostruoso Toni Servillo) non è solo un icona del potere, è anche un uomo ironico, intelligente, con dei principi che sono per lui imprescindibili come la religione e la stima per De Gasperi. È soprattutto una persona solitaria, silenziosa, che non risponde chiaramente alle domande, ma con allusioni, metafore, mai però sviando sul discorso. Un uomo capace di stare sia di qua che di là, tutta luce e buio, il bello e il cattivo tempo, il male che garantisce il bene. E Sorrentino, con una regia da paura ricca di inquadrature complesse e di una direzione/scelta degli attori azzeccata, riesce nell’impresa di raccontare in fin dei conti di questo personaggio solo una parte della parte che di lui conosciamo.
Mettere tutto, ma proprio tutto, non era possibile, non sarebbe stata una mossa intelligente e poi il cinema, si sa, funziona per sottrazioni. A pensarci un attimo è il personaggio stesso di Giulio Andreotti a sottrarsi da certe situazioni pur rimanendovi dentro, oppure, al contrario, ad entrarvi quando se ne trovava fuori. Andreotti è cinema puro. Lui è qui e non lo è, ora lo vedi e adesso no, comunque ne avverti sempre la presenza. Ti spiazzerà sempre nel suo gioco di dentro e fuori, vedo e non vedo, degno di un prestigiatore. Il risultato dell’impresa è veramente di buon livello. Il divo, proprio per questo non mostrare tutto, dà alla fine un quadro complessivo tutto sommato esaustivo anche se indubbiamente soggettivo (di Sorrentino). La regia è ricca di virtuosismi tanto da farci credere a stento di trovarci di fronte ad una pellicola italiana dei giorni nostri. Soggettive che non sono tali come nel cinema di Martin Scorsese (vedere Gangs of New York), piani sequenza complessi, scene di improvvisa violenza seguite da altre pressoché silenziose, e una fotografia, vale a dire un utilizzo della luce e del suo contrario, davvero funzionale per entrare a pieno con il tema trattato.
Alcune frasi celebri:
#01
I preti votano, dio no.
#02
-Presidente, conosce la strada?-
-Ho una certa consuetudine-
#03
Ho conosciuto approssimativamente 300000 persone. Crede che questo mi abbia fatto sentire meno solo?
#04
Perpetuare il male per garantire il bene, questo dio lo sa e lo so anch’io.
#05
Non credo nel caos ma nella volontà di dio
Mettere tutto, ma proprio tutto, non era possibile, non sarebbe stata una mossa intelligente e poi il cinema, si sa, funziona per sottrazioni. A pensarci un attimo è il personaggio stesso di Giulio Andreotti a sottrarsi da certe situazioni pur rimanendovi dentro, oppure, al contrario, ad entrarvi quando se ne trovava fuori. Andreotti è cinema puro. Lui è qui e non lo è, ora lo vedi e adesso no, comunque ne avverti sempre la presenza. Ti spiazzerà sempre nel suo gioco di dentro e fuori, vedo e non vedo, degno di un prestigiatore. Il risultato dell’impresa è veramente di buon livello. Il divo, proprio per questo non mostrare tutto, dà alla fine un quadro complessivo tutto sommato esaustivo anche se indubbiamente soggettivo (di Sorrentino). La regia è ricca di virtuosismi tanto da farci credere a stento di trovarci di fronte ad una pellicola italiana dei giorni nostri. Soggettive che non sono tali come nel cinema di Martin Scorsese (vedere Gangs of New York), piani sequenza complessi, scene di improvvisa violenza seguite da altre pressoché silenziose, e una fotografia, vale a dire un utilizzo della luce e del suo contrario, davvero funzionale per entrare a pieno con il tema trattato.
Alcune frasi celebri:
#01
I preti votano, dio no.
#02
-Presidente, conosce la strada?-
-Ho una certa consuetudine-
#03
Ho conosciuto approssimativamente 300000 persone. Crede che questo mi abbia fatto sentire meno solo?
#04
Perpetuare il male per garantire il bene, questo dio lo sa e lo so anch’io.
#05
Non credo nel caos ma nella volontà di dio
12 commenti
Per me il film dell'anno. E' vero che viene qualche dubbio circa l'origina italiana della pellicola vedendo la regia :)
Un saluto
Il film è bellissimo e Toni Servillo è uno dei pochi attori italiani definibile tale. Anche se continuo a preferire la freschezza dell'opera prima di Sorrentino, l'uomo in più. L'hai visto?
Per me un capolavoro. Sottoscrivo in pieno questa bellissima analisi.
Chimy, film dell'anno? Credo, ripeto credo, che lo sia anche per me. Ci sto ancora riflettendo su. La regia di Sorrentino è da paura.
Violavic l'ho visto dopo Le conseguenze dell'amore.
Ale55andra, grazie per la "bellissima analisi" scritta di getto a tarda notte. Se è un capolavoro, il film non la mia recensione, come dicevo anche a Chimy lo devo ancora decidere. Certo è che il mio entusiasmo è alto!
Un film immenso (qualcosa mi dice che entrerà nel novero dei rari capolavori di tutti i tempi). E incredibilmente è un film italiano! Purtoppo da molti anni il cinema italiano sforna rarissimi film coraggiosi e questo è un film coraggioso (anche in senso formale). Forse finalmente una piccola luce sta mostrando nelle tenebre la strada per uscire dal tunnel. Speriamo.
Una pellicola veramente coraggiosa. Una regia assolutamente azzeccata, studiata nei minimi particolari. Davvero un lavorone. Sorrentino è senza dubbio un barlume di speranza insieme all'amico e rivale Garrone.
Ficcante analisi per una pellicola senza dubbio fuori dagli schemi e dala notevole potenza espressiva. Complimenti a te Roberto, gran bel blog.
Un film fatto veramente bene, in tutti i sensi: sceneggiatura, regia, fotografia, montaggio.
Il tuo blog lo terremo d'occhio e per ovvi motivi visti gli interessi comuni. A presto!
non vedo l'ora di vederlo.
Ne vale la pena!
è un film della madonna
Me ne convinco sempre di più!
Posta un commento