Dario Argento e il Technicolor
La luce, nei tuoi film, รจ un elemento molto caratteristico. Nessuno aveva mai illuminato le scene come hai fatto tu, in Italia.
Credo che mi abbia ispirato molto il cinema americano, un certo cinema americano con le luci violente, i colori accesi. I primi film che mi sono rimasti impressi, quando ero ancora un bambino, erano i film girati in Technicolor, con un grande contrasto di colori. Sono cresciuto con un’idea del colore e della luce molto forte, molto aggressiva. Poi naturalmente, sono legato anche ad un certo cinema espressionista, le ombre, i tagli di luce.
Quando guardo un attore, una scena, io mi sento come un pittore. Sento che devo mettere il colore, che devo dipingere, in un certo senso. Non mi basta mai un’immagine «normale». Ho bisogno sempre di trasformare quello che vedo. Il mio non รจ un cinema realistico, devo sempre inventare una realtร mia. Ma il Technicolor… Ho inseguito per anni l’idea di quel colore, finchรฉ non sono riuscito a rifarlo in Suspiria. Ho ricreato il Technicolor della mia infanzia, in quel film. L’ho fatto solo una volta, in quell’occasione, rifacendo quasi in modo nostalgico il «Tri-pack» che veniva usato negli anni Cinquanta. Poi non sono piรน riuscito a farlo. Non c’รจ piรน neppure la macchina, adesso รจ impossibile lavorare con le tre pellicole separate.
Anche Inferno sembra fotografato nello stesso modo. Ha dei colori molto precisi, saturi, tipici del Technicolor.
Si avvicina molto, ma non รจ la stessa cosa. Per Inferno ho provato a ricreare il Technicolor senza le tre pellicole, perchรฉ il sistema originale che avevo usato in Suspiria era veramente troppo costoso, tanto che mio padre, che produceva il film con me, mi disse di non azzardarmi a chiedere un’altra volta di fare il vero Technicolor. Quando preparavamo Suspiria l’avevo convinto. «Tre pellicole… Che sarร mai?» gli avevo detto. Cosรฌ lo facemmo. In realtร la lavorazione si rivelรฒ molto, molto complicata e lunga. Costรฒ una cifra enorme.
Molti colleghi americani mi chiedono ancora adesso come si fa ad ottenere l’effetto cromatico di Suspiria e io dico sempre che non si puรฒ piรน fare. Soprattutto oggi, con la velocitร che c’รจ nel cinema. Si usano pellicole sempre piรน sensibili, puoi girare praticamente al buio. ร tutto molto comodo, non dico di no, e la fotografia in genere, nei film, oggi รจ mediamente buona. Perรฒ non si riesce ad ottenere la vera profonditร , con le pellicole supersensibili l’immagine si appiattisce.
Per Suspiria riuscimmo a farci fare della pellicola a bassissima sensibilitร . Non vorrei dire cazzate, ma mi pare di ricordare che era qualcosa come dieci, quindici ASA. Devi avere tantissima luce, ma ottieni una profonditร enorme. Usavamo tonnellate di luce, letteralmente. Ricordo che un produttore americano che venne a trovarci sul set rimase sbalordito. Ci chiese se eravamo pazzi. Giravamo una scena normalissima, un personaggio che attraversa una stanza. C’erano proiettori da 10.000 watt dappertutto. Perfino sul carrello, sotto la macchina da presa, avevamo piazzato otto fari. Questa ragazza attraversa il salone e quando prendeva la luce diventava di un bianco abbacinante. Il produttore americano pensava che poi sulla pellicola sarebbe risultato tutto sovraesposto; invece, quando vedemmo il girato, il personaggio era perfettamente inciso, bellissimo. L’immagine era nitida, senza grana, con una fantastica profonditร di campo. Purtroppo queste sono esperienze anche frustranti, fatte e subito abbandonate. Non ho potuto svilupparle. Ho fatto un film e basta.
Tratto da Nuovo cinema inferno, Daniele Costantini e Francesco Dal Bosco, Pratiche editrice.
Credo che mi abbia ispirato molto il cinema americano, un certo cinema americano con le luci violente, i colori accesi. I primi film che mi sono rimasti impressi, quando ero ancora un bambino, erano i film girati in Technicolor, con un grande contrasto di colori. Sono cresciuto con un’idea del colore e della luce molto forte, molto aggressiva. Poi naturalmente, sono legato anche ad un certo cinema espressionista, le ombre, i tagli di luce.
Quando guardo un attore, una scena, io mi sento come un pittore. Sento che devo mettere il colore, che devo dipingere, in un certo senso. Non mi basta mai un’immagine «normale». Ho bisogno sempre di trasformare quello che vedo. Il mio non รจ un cinema realistico, devo sempre inventare una realtร mia. Ma il Technicolor… Ho inseguito per anni l’idea di quel colore, finchรฉ non sono riuscito a rifarlo in Suspiria. Ho ricreato il Technicolor della mia infanzia, in quel film. L’ho fatto solo una volta, in quell’occasione, rifacendo quasi in modo nostalgico il «Tri-pack» che veniva usato negli anni Cinquanta. Poi non sono piรน riuscito a farlo. Non c’รจ piรน neppure la macchina, adesso รจ impossibile lavorare con le tre pellicole separate.
Anche Inferno sembra fotografato nello stesso modo. Ha dei colori molto precisi, saturi, tipici del Technicolor.
Si avvicina molto, ma non รจ la stessa cosa. Per Inferno ho provato a ricreare il Technicolor senza le tre pellicole, perchรฉ il sistema originale che avevo usato in Suspiria era veramente troppo costoso, tanto che mio padre, che produceva il film con me, mi disse di non azzardarmi a chiedere un’altra volta di fare il vero Technicolor. Quando preparavamo Suspiria l’avevo convinto. «Tre pellicole… Che sarร mai?» gli avevo detto. Cosรฌ lo facemmo. In realtร la lavorazione si rivelรฒ molto, molto complicata e lunga. Costรฒ una cifra enorme.
Molti colleghi americani mi chiedono ancora adesso come si fa ad ottenere l’effetto cromatico di Suspiria e io dico sempre che non si puรฒ piรน fare. Soprattutto oggi, con la velocitร che c’รจ nel cinema. Si usano pellicole sempre piรน sensibili, puoi girare praticamente al buio. ร tutto molto comodo, non dico di no, e la fotografia in genere, nei film, oggi รจ mediamente buona. Perรฒ non si riesce ad ottenere la vera profonditร , con le pellicole supersensibili l’immagine si appiattisce.
Per Suspiria riuscimmo a farci fare della pellicola a bassissima sensibilitร . Non vorrei dire cazzate, ma mi pare di ricordare che era qualcosa come dieci, quindici ASA. Devi avere tantissima luce, ma ottieni una profonditร enorme. Usavamo tonnellate di luce, letteralmente. Ricordo che un produttore americano che venne a trovarci sul set rimase sbalordito. Ci chiese se eravamo pazzi. Giravamo una scena normalissima, un personaggio che attraversa una stanza. C’erano proiettori da 10.000 watt dappertutto. Perfino sul carrello, sotto la macchina da presa, avevamo piazzato otto fari. Questa ragazza attraversa il salone e quando prendeva la luce diventava di un bianco abbacinante. Il produttore americano pensava che poi sulla pellicola sarebbe risultato tutto sovraesposto; invece, quando vedemmo il girato, il personaggio era perfettamente inciso, bellissimo. L’immagine era nitida, senza grana, con una fantastica profonditร di campo. Purtroppo queste sono esperienze anche frustranti, fatte e subito abbandonate. Non ho potuto svilupparle. Ho fatto un film e basta.
Tratto da Nuovo cinema inferno, Daniele Costantini e Francesco Dal Bosco, Pratiche editrice.
4 commenti
Come sempre... ISTRUTTIVO!!!
Che ne pensi de "La terza madre?"
bacio
a presto
Molto interessante. E' vero, il vecchio caro Technicolor di una volta (anni 30-50)anche se qualcosa รจ stato prodotto fino agli inizi degli anni 90. Non c'รจ che dire, quel colore era fantastico.
Amos, grazie!
Viola, ancora non ho il coraggio di vedere La terza madre. Pareri troppo differenti ho letto in giro.
Luciano, cavolo se era bello il Technicolor...
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