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Il grande capo di Lars von Trier

Lars von Trier è senza dubbio uno dei registi più interessanti degli ultimi decenni. Le sue sofisticate inquadrature dei primi film (L'elemento del crimine ed Europa) saranno sostituite una decina di anni dopo da quelle senza cavalletto del suo Dogma '95. Ben presto si stancherà anche di questo e dopo aver fatto razzia di premi a Cannes con Dancer in the dark darà inizio a una trilogia sull'America (siamo ancora in attesa del terzo e conclusivo film Washington) dove le scenografie non hanno pareti. Nel frattempo gira una specie di metafilm insieme a Jørgen Leth dal titolo Le cinque variazioni, uno dei suoi lavori migliori. Come se il cinema non gli bastasse, ha girato anche le due serie tv tra l'horror e la commedia The kingdom. Eppure nonostante questi suoi continui cambi di stile, il suo marchio di fabbrica, la sua firma, è sempre riconoscibile. Non fa eccezione Il grande capo, il suo ultimo lavoro. Girato con un sistema battezzato "automavision": un sistema di ripresa casuale gestita da un computer che non faceva capire agli attori dove si trovasse la cinepresa (anche se a detta del regista gli attori dopo un po' di giorni riuscivano ad intuirlo piuttosto bene), la pellicola racconta di un attore, Kristoffer (Jens Albinus, già attore per von Trier ne Gli idioti), ingaggiato per interpretare il capo di una ditta. Non si tratta di una recita teatrale o di un film: deve realmente interpretare questa persona che nessuno dell'azienda ha mai visto. Il tizio che lo ha ingaggiato (Ravn interpretato da Peter Gantzler) è il vero capo, e in tutti questi anni si è mischiato tra i dipendenti, fingendo di essere uno di loro. Kristoffer inizialmente brancola nel buio perché non sa niente di questo grande capo. Non sa il suo nome (Svend), non sa di che cosa si occupa l'azienda (informatica), non sa che Ravn ha dato a ognuno dei dipendenti informazioni diverse sul suo conto (tramite e-mail). A complicare ancora di più le cose una trattativa di vendita con un ricco islandese (Fridrik Thor Fridriksson) pieno di odio e rancore verso la Danimarca (ricorda a tal proposito il dottore svedese di The kingdom...). Eppure dopo questo inizio difficile, Kristoffer/Svend riuscirà a capirci qualcosa e ad agire di conseguenza.


Si tratta di una commedia degli equivoci di tipo classico, in cui i meccanismi del potere vengono sbeffeggiati senza troppi complimenti. Chiunque sia in grado di recitare, ossia di mentire, può entrare a far parte di questi meccanismi. Kristoffer mente ai dipendenti, all'inizio si arrampicandosi sugli specchi; Ravn è ancora più bravo: è lui il vero grande capo. Lui che ha mentito per tutti questi anni ai vari dipendenti spacciandosi per un loro collega. Lui che nasconde a Kristoffer/Svend i particolari di cui avrebbe bisogno per una migliore interpretazione. Gli stessi dipendenti sembrano intuire, alludendo anche con le parole, che si tratti di una recita. La soluzione della storia è nello stile del regista. Non dico di più. Ben recitato dagli attori: certe espressioni del viso di Albinus sono davvero divertenti; la vecchia conoscenza del regista Jean-Marc Barr recita un dipendente straniero che non riesce ad esprimersi in danese (chiaramente molto è andato perso nel doppiaggio). Trattandosi del suo film più leggero, von Trier lo ha abbinato ad un gioco. Bisogna trovare nella pellicola dei "lookeys". Sono degli oggetti che non hanno a che fare con il contesto. Chi li trova per primo farà la comparsa nel suo prossimo film. Per partecipare bisogna andare nel sito ufficiale del film (trovi il link qui sotto) e clickare sulla finestra "Lookey".

4 commenti

Anonimo ha detto...

Dopo anni non ho ancora capito se Von Trier è un genio o "solo" un grande imbonitore di se stesso. In ogni caso ha talento da vendere, quindi gli si perdonano anche le sue provocazioni.

Luciano ha detto...

E' uno dei rarissimi film di trier che incredibilmente mi manca. Devo recuperarlo il prima possibile.

Anonimo ha detto...

Su von trier non potremo mai concordare.
imbonitore è un eufemismo... Ogni volta che vedo un suo film ho un epedermico senso di orrore.

Le 5 variazioni... è forse la peggior cosa (cinema è troppo) che abbia mai visto, una delle cose più disgustose moralmente che ricordi nella mia vita...

Anonimo ha detto...

Mr. hamlin, von Trier è sempre stato molto egocentrico, all'inizio la cosa mi dava anche un po' fastidio, non so se ricordi il suo nome scritto grandissimo insieme al titolo Europa nel finale del film, poi però mi sono, o ci ha?, abituato.
Luciano, vedilo perché ne vale la pena. Pensa che è il suo film meno cervellotico, più lineare.
Claudio, von Trier o lo ami o lo odi, prendere o lasciare, non si può fare altrimenti, Le cinque variazioni quindi, per quanto mi riguarda, è una delle cose migliori che abbia mai fatto.