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Milk di Gus Van Sant

La prima considerazione che mi viene in mente è: quanto è servita la morte di Harvey Milk per l’emancipazione degli omosessuali? Come negli anni ’70, così oggi, vengono chiamati (o li chiamiamo) froci, checche, succhia cazzi, pervertiti, diversi. Ieri come oggi li facciamo sfilare in corteo più per criticarli, sfotterli, che per ascoltarli. La loro situazione è ancora condizione, è ancora bloccata e condizionata dalle opposizioni conservatrici e cattoliche, o più genericamente religiose, della maggior parte dell’opinione comune. La loro è ancora una condizione di prigionia , di diritti negati perché fuori dai consueti schemi sociali. Loro sono quelli che ci ricordano che i diritti sono per molti ma non per tutti. Loro sono i gay ma sono anche i neri. Sono le minoranze che il branco si diverte a sbranare.
Se ieri Harvey Milk lottava per evitare che iniziasse una caccia agli insegnanti gay per licenziarli, due mesi fa in California le coppie omosessuali si sono viste annullare i loro certificati di matrimonio da una legge fatta a posta, così per dispetto. Ieri come oggi ci sembra che la loro condizione sia quella rappresentata nel film di Gus Van Sant da Paul, il paraplegico incapace di scappare, costretto suo malgrado a vedere ridotte le sue libertà, e per questo a lottare.

Per il resto questo biopic nel suo convenzionale oscillare tra attività pubblica/politica e vita privata del suo protagonista sembra in un certo qual modo prendere le distanze senza abbandonarsi/ci ad una vera e propria empatia.
Come nei suoi più recenti lavori, Gus Van Sant sembra sempre più interessato a quell’attimo in cui la normalità viene bruscamente interrotta dalla follia più violenta. Harvey Milk, il primo politico dichiaratamente omosessuale eletto negli Stati Uniti, viene ucciso insieme al sindaco di San Francisco da Dan White, un consigliere comunale rivale che improvvisamente perde il lume della ragione. Come avviene per i due ragazzini artefici in Elephant della sparatoria alla loro scuola e in Paranoid Park dove l’uccisione di un metronotte non provoca grossi incubi notturni a chi l’ha causata.

Harvey Milk tutto sommato non è morto invano: ci ricorda che il lavoro di gruppo è importantissimo.
Come diceva un grande italiano libertà è partecipazione.

Personaggi e interpreti:
Harvey Milk – Sean Penn
Dan White – Josh Brolin
Cleve Jones – Emile Hirsch
Danny Nicoletta – Lucas Grabeel
Jack Lira – Diego Luna
Scott Smith – James Franco
Anne Kronenberg – Alison Pill
George Moscone – Victor Garber

Sceneggiatura – Dustin Lance Black
Fotografia – Harris Savides
Scenografie – Bill Groom, Charley Beal
Costumi – Danny Glicker
Montaggio – Elliot Graham
Musiche - Danny Elfman

5 commenti

Luciano ha detto...

Quindi un ottimo film! Spero di riuscire a vederlo presto.

Roberto Junior Fusco ha detto...

Mi ha colpito, sarà che mi aspettavo una mezza cagata...
Ottimo però mi sembra eccessivo. Un buon film, forse un po' troppo convenzionale e distaccato. Ma va bene così. Uno dei migliori film biografici, se non Il migliore, per me rimane Man On the moon di Milos Forman. Dovrò scriverne qualcosa prima o poi.

Anonimo ha detto...

Sulla convenzionalità sono d'accordo. Però la convenzionalità non sempre è sinonimo di scadenza. In questo caso secondo me ci troviamo di fronte ad un film che può servire a sensibilizzare chi ancora ne avesse bisogno. E poi che cast, che colonna sonora, che regia! Insomma, non è il solito Van Sant indipendente, però mi ha regalato delle emozioni anche stavolta.
Ale55andra

Roberto Junior Fusco ha detto...

La convenzionalità è d'obbligo in casi come questo. Qui, come dici tu, non è sinonimo di scadenza. Anzi, ci sono dei momenti di puro e indipendente Van Sant. Un po' distaccato, meno emozionante di quello che ci si aspetterebbe, poco retorico se non fosse per il finale.

chimy ha detto...

Direi che siamo d'accordo praticamente del tutto.

Anch'io mi aspettavo davvero poco, invece mi ha abbastanza sorpreso: buon film.


Un saluto